In queste ultime settimane ne ho lette di tutti i colori sull’editoria digitale, complice anche una maggiore sensibilità sul tema provocata dalla firma del contratto con la Nativi Digitali Edizioni. Non mi preoccupa tanto il parere degli editori sul tema, poiché è nel loro mestiere di imprenditori tentare di aggredire quante più fette di mercato sia possibile. Le riflessioni che seguono riguardano soprattutto i lettori e il loro approccio all’editoria digitale.
Personalmente definisco lettori coloro i quali amano la lettura. Non basta, infatti, leggere qualcosa ogni tanto. Ai lettori piace il contenuto di un libro, la storia, i personaggi, il modo in cui l’autore riesce a indirizzare la loro fantasia, le emozioni provocate dalle parole, la suggestione delle ambientazioni e così via. Il lettore appassionato si concentra su ciò che legge e su cosa questo susciti nella sua mente. In una parola, il lettore, quello vero, vive il contenuto di un libro.
Un sottoinsieme dei lettori, invece, vive il libro non solo come un contenuto da leggere, ma come un oggetto vero e proprio. A questi piace toccarlo, sfogliarlo, annusare il profumo della carta, non si fanno scrupoli a scarabocchiarlo, evidenziarlo o anche solo a scrivere il proprio nome in prima pagina per scolpire nel tempo il fatto che quel libro è stato tra le loro mani. Questo tipo di lettore vede nella lettura non solo un modo per viaggiare con la fantasia, ma anche un complesso rituale composto da vari gesti e sensazioni collegati all’oggetto che ha in mano. In una parola, questo tipo di lettore, oltre ad amare il contenuto di un libro, vive l’oggetto libro.
Dopo questa premessa, arriviamo al punto: come si coniugano queste due grandi famiglie di lettori con l’editoria digitale? E’ ovvio che il primo tipo di lettore non si preoccupa particolarmente del supporto di lettura. Che sia un libro in brossura, un e-book reader, un mattone gigante alla It di Stephen King o la lista della spesa, il lettore va oltre tale discriminazione materiale e si concentra soprattutto sul contenuto. Probabilmente intuisce i vantaggi dell’editoria digitale rispetto a quella cartacea, quindi è geneticamente propenso a scegliere la prima. L’e-book non si perde, non si consuma, non si usura, costa meno ed è ecologico, quindi tanto vale preferirlo al libro cartaceo. Questo tipo di lettore, a meno che non abbia una scarsa cultura tecnologica, in generale non è affatto spaventato dal passaggio cartaceo-digitale, poiché per lui sono modi diversi di leggere la stessa cosa. Anzi, per i motivi già detti, potrebbe potenzialmente passare spontaneamente al libro elettronico. Certo, un po’ di sana preoccupazione per il cambiamento è più che lecita, in particolare la domanda che sorge è: “ma non mi si stancano gli occhi?“. In questi casi è sufficiente qualche minuto di lettura con un e-reader dotato di schermo e-Ink per fugare ogni dubbio e rassicurare il lettore. Lo schermo a inchiostro elettronico non è retroilluminato, quindi gli occhi non si stancano.
Viceversa, il secondo tipo di lettore avrà seri problemi ad adattarsi alle nuove tecnologie. L’e-reader non si sfoglia, non profuma, non puoi sottolinearlo o scarabocchiarlo, è impersonale, tecnologico, asettico, senz’anima, non trasmette alcuna sensazione. Questo tipo di lettore, di conseguenza, difficilmente si avvicinerà all’editoria digitale. Per chi vive la lettura come un rituale pieno di sensazioni, un insieme di gesti che evocano l’inizio di un momento di totale relax e solitudine con un libro, l’impersonalità del libro elettronico e la sua immaterialità possono essere un serio ostacolo a una soddisfacente esperienza di lettura.
Io personalmente amo il libro elettronico. Sono uno di quei lettori che ha vissuto l’evoluzione dal cartaceo al digitale in maniera voluta e consapevole. Posso leggere Salgari e immaginarmi sul ponte della nave del Corsaro Nero sia con un mazzo di fogli stampati in mano che con il più tecnologico dei tablet. Mi interessa poco la forma, anzi preferisco l’e-book perché almeno non si consuma e non occupa spazio. In più, Il Corsaro Nero in edizione Kindle costa meno di un decimo della corrispondente edizione cartacea. Sull’ecologico non parliamone neanche. Basterebbe un pannello solare comprato dai cinesi sotto casa per erogare quei miseri 5 Watt necessari a ricaricare totalmente il mio Kindle in 1 ora. Niente elettricità proveniente da combustibili fossili, niente inquinamento, niente alberi tagliati. Con buona pace della Madre Terra.
Per quanto riguarda il Bel Paese le statistiche dicono che ci stiamo lentamente, progressivamente digitalizzando. Tuttavia viviamo ancora in una situazione di coesistenza tra l’editoria tradizionale e quella cartacea. Se da un lato la gente non compra quasi più giornali cartacei, preferendo informarsi su Internet tramite i giornali on-line o i social network, dall’altra parte l’e-book sta decollando molto lentamente. Ciò lascia immaginare che ci sia un robusto residuale di lettori tradizionalisti che non hanno molta voglia di approcciarsi al libro elettronico, nonostante le nuove generazioni (i nativi digitali) stiano gradatamente popolando l’insieme dei lettori digitali. Il vantaggio è che, salvo rare eccezioni, i lettori digitali possono solo aumentare di numero. Difficilmente un lettore digitale migrerà verso il libro cartaceo.
A questo punto, ciò che vorrei che ognuno di noi facesse è lo sforzo di capire non tanto quale sia il formato di lettura preferito, quanto piuttosto qual è la nostra forma mentis di lettori. Ci piace il profumo della carta, o va bene anche uno sterile e-reader?
La risposta per quanto riguarda me l’ho già data, quindi adesso vi lascio e vado a solcare il mare dei Caraibi al fianco del Corsaro Nero.
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Ottimo articolo 🙂 personalmente il profumo che mi interessa è quello delle parole, carta e inchiostro mi interessano molto meno.
p.s. a chi dice che si rovinano gli occhi: au contraire. Puoi regolare il carattere quanto a tipo, grandezza, spaziatura, allineamento. Presbiti, dico a voi!
Esattamente. E’ decisamente comodo regolare la grandezza del carattere in un e-book, con buona pace di chi non vede bene.